Colpito dalla bellezza dei luoghi e dalla naturalezza del popolo del borgo di pescatori, un uomo di nome Giovanni Verga, scrittore catanese, tra il 1876 e il 1880, impreziosì Acitrezza delle sue note di scrittura e della sua rima poetica. Da questa ispirazione nacque uno dei romanzi più famosi dello scrittore ovvero I Malavoglia. Pubblicato nel 1881, il romanzo rappresenta la vita di un mondo rurale arcaico, chiuso in ritmi di vita tradizionali, temporalmente scandito dal ciclo delle stagioni e dominato da una visione della realtà che trova il suo punto di vista nella saggezza antica dei proverbi. Sembra un mondo privato del tempo che ricade su questo mondo tutto immobile come una valanga. La storia penetra in quel sistema arcaico, ne spezza la compattezza e ne rompe gli equilibri.
Tutto inizia con l’Unità d’Italia, 1863, i cui cambiamenti sociali investono, con le sue tensioni, il piccolo abitato di Trezza come la coscrizione obbligatoria, ignota durante il Regno borbonico, che sottrae braccia al lavoro, mettendo in crisi la famiglia come arcaica unità produttiva. Per il servizio militare parte il giovane ‘Ntoni della famiglia Toscano, i futuri Malavoglia. Questo provoca la dissoluzione della tranquillità della famiglia che inizia a risentire di atroci difficoltà economiche e di sventure che alterano in negativo l'equilibrio tra la famiglia Toscano e il sistema sociale del villaggio. A ciò si aggiunge l’affaticamento sociale del villaggio che afflitto dalle tasse, dalla crisi della pesca, il treno, il telegrafo e le navi a vapore, si ritrova a reagire ostilmente ma allo stesso tempo a mutare per gli influssi esterni e dinamici della modernità calzante. La trasformazione avviene e I Malavoglia, a causa delle difficoltà economiche, sono costretti a diventare da pescatori a negozianti. Falliscono nella loro iniziativa e da lì a poco subiscono un pro¬cesso di declassazione, passando dalla condizione di proprietari di casa e barca ( la casa del Nespolo e l’imbarcazione Provvidenza) a quella di nullatenenti, costretti ad andare a giornata per vivere.
Perché Giovanni Verga sceglie Trezza come scenografia della storia dei Toscano? La scelta di Trezza come epicentro della storia romanzesca non è casuale. Tra le varie località siciliane, Verga dovette affidarsi alla memoria per ritrovare quella che potesse sostenere armoniosamente la vicenda del suo dolente dramma. Nel ricordo l'immagine del paesetto marinaro, con la sua macchia scura di rocce laviche sullo sfondo cupo azzurro del mare, gli apparve lo scenario piú indicato. Le rive nere apparvero allo scrittore la meta ideale della sua mestizia e questa simbiosi tra sentimento e natura si tradusse in un attenzione particolare da parte del narratore della sciara, termine siciliano indicante il desertico paesaggio vulcanico, che delimita il paese. L'insistenza dello scrittore sul tema della sciara avvolge l’ambiente di una tonalità di perenne desolazione, che si esprime altresí nelle vesti scure e dimesse delle comari, e nella chiusura del volto e dei sentimenti, di cui è simbolo il tradizionale costume paesano. Non di certo mancano atmosfere più distese e leggere durante la narrazione ma quando gli eventi precipitano, allora è come se tutta la scena si oscurasse, per adeguarsi al tragico soffio della bufera che spazza via ogni cosa come quando la Provvidenza, carica di Bastianazzo e dei lupini, si avvia alla catastrofe, sublimando il pathos di apice tragico senza eguali. Per concludere sullo spaccato letterario sui Malavoglia, la grandezza e l’originalità del romanzo, che rappresenta non solo il capolavoro dello scrittore siciliano, ma un capolavoro in senso assoluto della letteratura italiana, non fu immediatamente compresa, né dal pubblico né dalla critica che lo accolse piuttosto freddamente. Rivalutata con grande interesse negli anni successivi, la storia dei Malavoglia è divenuta universale e salpando da Trezza è approdata in tutto il mondo, consegnando la civiltà trezzota ad un viaggio di memoria che non ebbe e non avrà mai fine. Dell’epoca del Verga rimane nel paese di Trezza la bruna costa formata quasi per intero dalle colate vulcaniche, lo stesso materiale che, ai tempi dello scrittore, macchiava la creta biancastra delle casupole dei pescatori tanto da renderle mimetizzate con il cupo lividore della lava spenta.
Flavio Mela
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