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Flavio R.G. Mela

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Storia. Scienza Rurale e Latifondo ecclesiastico nella Piazza Armerina Seicentesca

La città di Piazza ebbe nel 1600 una Casa Professa della Compagnia di Gesù che venne mutata nel 1616 in Collegio di Studi “per l’estrema necessità che aveva d’istruire i figlioli nella dottrina e costumi”. Successivamente volle che i corsi umanistici del suo collegio fossero completati con i corsi filosofico e teologico, ottenendo a tale scopo un Seminario o Università degli Studi che nel 1692 ebbe la potestà “ a dar grado conforme i privilegi della Compagnia”. Un centro di immenso valore culturale tramandato fino ai giorni attuali. Infatti quella Casa Professa, successivamente Università degli Studi, è la sede dell’attuale Biblioteca Comunale “Alceste e Remigio Roccella” di Piazza Armerina. All’interno dell’archivio storico della stessa è possibile testi antichi sulla tecnica rurale e sull’agricoltura e su come applicarla ai territori.La presenza di questi testi, per la maggior parte di autori non della città di Piazza Armerina, di sicuro è interessante proprio per il motivo per il quale si possano trovare in un istituto ecclesiastico del 600’ in pieno Centro Sicilia. Il territorio di Piazza Armerina, come i vari territori della Sicilia, subisce, a causa del latifondo, una significativa, e ancor oggi vivida, arretratezza in termini di scientificità e tecnologia nell’agronomia e quindi nel sfruttare al meglio i territori di produzione. E’ anche però risaputa e ben conosciuta la gestione del latifondo ecclesiastico, di sicuro ricco di un migliore trattamento dei contadini e di un avanzato sistema di conoscenze scientifiche che potevano garantire una grande produzione ed un maggiore in termini di qualità sfruttamento dei territori in possesso della Chiesa, rispetto ai latifondi baronali dove la vita umana dei contadini valeva meno di un bene materiale. La proprietà fondiaria della Chiesa, principale fattore della sua forza materiale, era gestita più umanamente ed in forme più elevate di rendimento terriero. La fonte classica sulla storia del latifondo ecclesiastico in Sicilia sono le lettere di Gregorio Magno. La massa che raggruppava più fondi ecclesiastici ed aveva alla testa un rector, costituiva un complesso amministrativo più che una vera unità aziendale, gestita con il sistema delle Corti, a base di lavoro di schiavi, di cui ne restavano veramente pochi. Vi erano sempre grandi affittanze ad imprenditori agrari ma la Chiesa incoraggiava soprattutto il sistema degli affitti ed enfiteusi a coloni, personalmente liberi, che disponevano di una parte della loro forza lavoro e pagavano la protezione della Chiesa con tributi, per lo più in natura e con servizi personali e reali. In posizione intermedia fra i dirigenti del patrimonio ed i coloni stavano i conductores in situazioni non molto elevate, per lo più ecclesiastici spesso schiavi sottomessi, pagati con una prebenda ovvero con un pezzo di terra più grande, lavorato da essi con qualche forza sussidiaria ed assegnata per lo più per trenta anni con un modesto censo in denaro.
Da quando la Chiesa ebbe in Sicilia latifondi, si guarda a quelli come un’isola di modernità. Una modernità che nel 600’ si arricchisce di elementi e di culture altre rispetto a quella siciliane. Due libri antichi fanno giusto pensare a questo. Uno il testo del cittadino bresciano Agostino Gallo con il testo, del 1564, Le dieci giornate della vera agricoltura e piaceri della villa, mentre il secondo è il testo di Pietro Crescenzi, bolognese, con il testo, del 1536, de' Opera di agricoltura: Ne la qual si contiene a che modi si debbe coltiuar la terra, seminare inserire li alberi, gouernar gli giardini e gli horti, la proprieta de tutti i frutti. Due testi fondamentali ed interessanti conseguenza di una nascita in scienza di agronomia che trova spazio anche nel profondo cuore della Sicilia, là dove si è spesso additata una storica arretratezza. I Gesuiti di Piazza Armerina hanno insomma raccolto nella loro biblioteca testi di agronomia importanti soprattutto per i fruttuosi e feritili territori che possedevano. Proprio nella vallata, al di sotto delle strutture del convento della Compagnia, corrispondente all’attuale quartiere storico Canali, si estendevano alcuni possedimenti rurali. Possedimenti che garantivano all’ordine grande reddito e grandi risorse da poter sfruttare per i fondi della loro casa conventuale.
Bibliografia di riferimento e per approfondire.
- ALFOLSI T. ET AL., Pier de Crescenzi, 1233-1321. Studi e documenti, Cappelli, Bologna 1933.
- LORENZONI G., Trasformazione e colonizzazione del latifondo siciliano, Firenze, C. Cya, 1940
.
- VERGA M., La Sicilia dei grani : gestione dei feudi e cultura economica fra Sei e Settecento, Firenze, L. S. Olschki, 1993.
Flavio Mela

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