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Flavio R.G. Mela

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Antropologia. Il "giorno dei Morti" (2 Novembre). Defunti, doni e bambini nella tradizione antica.

Ogni anno il 2 Novembre c'è l'usanza di andare al cimitero per commemorare i Morti. Fiori e lumini riempiono il cimitero dei paesi e l'aria che si respira è quasi di festa, una festa particolare in cui i defunti si fanno "presenti" e dispensatori di speranza per le preghiere dei familiari ma anche di doni e regali veri e propri ai bambini. Per tale evento, "i morti" o "iornu di li morti", è infatti tradizione "rituale" che i fanciulli ricevano qualcosa dai loro cari familiari defunti, un tempo paste e dolci e oggi giocattoli, creando una sorta di legame magico e sacro tra il materiale e l'immateriale. Un rapporto particolare che chiaramente fa sorgere non pochi dubbi. Prima di toccare direttamente l'argomento del rapporto dei bambini con i morti è doveroso porgere una premessa a quale filosofia antecede questa prassi tradizionale.
Quest'ultima sarebbe infatti figlia della credenza arcaica secondo cui i morti non morivano definitivamente e quindi non passavano ad "un altro mondo". I defunti acquisterebbero infatti una forma elementare di esistenza presente, dunque, nel materiale come i vivi. Non è un caso che i defunti appaiono in diverse occasioni (familiari in qualcune società più tradizionali) come quando si crede che i morti diano " i numeri del lotto" in sogno.I morti divengono così entità buone ma comunque da rispettare. Un tempo si credeva che i morti sorvegliassero da sotto terra le sementi e le facessero crescere bene e vigorose. E sementi buone significava certamente gran raccolto e indirettamente cibo e sopravvivenza. Se i morti non fossero stati rispettati, i vivi temevano la loro collera che sicuramente avrebbe portato al disfacimento, quindi, della stessa loro sopravvivenza. Da ciò è chiaro che l'uso di imbandire tavole per l'anima del defunto significava soprattutto raccogliere la sua grazia e la sua benedizione. I morti si fanno dunque vivi e una forte incidenza della tradizione appena delineata è ben incisiva nella commemorazione dei defunti del 2 Novembre. Lo studioso Pitrè, in merito alla Sicilia, scrive " [...] Nella notte dal 1° al 2 Novembre i morti lasciano la loro paurosa dimora, e in fretta o alla spicciolata scendono in città a rubare a' più ricchi pasticceri, mercanti, sarti, ecc., dolci, giocattoli, vestiti nuovi e quanto altro è in essi di donare a' fanciulli loro parenti, che siano stati buoni nell'anno [...]". In alcuni paesi siciliani capita anche che i bambini scrivano una lettera ai cari defunti, condizione del tutto simile all'evento del Natale e alla stessa stregua della lettera di richiesta a Babbo Natale o la Befana.
Uno dei doni tradizionali era sicuramente la "frutta martorana" ovvero delle paste di zucchero e mandorla, colorate ed a forma di ogni tipo di frutto.
Ma perchè i doni si fanno ai bambini? Una teoria molto affascinante e che sicuramente ha origini antiche darebbe agli stessi bambini la funzione di rappresentare i morti ai quali, arcaicamente, come detto, si donava cibo, ma anche sementi, che li quietava per la loro continua sete di vita e di essere presenti tra i vivi. I bambini sono, secondo le credenze, ancora ibridi, come dimostra il fatto che in alcune lingue si usa il neutro nei loro confronti: quindi nè maschi e nè femmine. Non sono mai incorporati bel gruppo sociale, ossia appartengono di quella diversità che è il tratto connotativo che distingue i morti dai vivi. E' per questo che simbolicamente sono tanto vicini ai morti e prendono le "sembianze" delle entità dell'oltretomba. In qualche modo, donare ai bambini "da parte dei morti" diviene una copertura di un dono fatto direttamente ai defunti da parte dei vivi, per una prassi di "propiziazione" che ha origini antiche che non hanno nulla a che vedere con l'attuale realtà moderna. Una tradizione antica che si rinnova ogni anno impregnandosi dello stesso, anche se in maniera latente, significato originario.

Flavio Mela

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Come si evince dall'articolo la festività dei morti è di certo, delle feste cristiane, una tra le più particolari. Questo suo carattere sui generis è rafforzato dalle motivazioni antropologiche che l'articolo presenta e spiega con una chiarezza disarmante.
Il dott. ha trattato argomenti che lasciano spazio a numerose domande...come ad esempio perchè considerare i bambini ibridi, cioè delle piccole personcine asessuate, forse perchè non è ancora chiara la loro identità?
Grazie ancora per i suoi spunti di riflessione e per il dono della conoscenza che ci fa in ogni suo articolo.
Con sincera ammirazione
Beatrice

Nicolo' Vincenti ha detto...

C'e' un motivo per cui i bambini sono considerati non-vivi in senso antropologico: fino a non molto tempo fa la mortalita' infantile era altissima, fino ai cinque anni si poteva arrivare a percentuali vicine al 50%, tant'e' che esistevano tradizioni molto consolidate a tal proposito come quelle del doppio battesimo, dell'assegnazione molto tardiva dei nomi, dei riti apotropaici e purificatori della casa ... Insomma come i gruppi sociali fanno di tutto per non considerare un morto definitivamente perso per la communitas così si fa di tutto per farvi entrare i bambini solo quando si e' ragionevolmente certi della loro stabilita', integrita' e permanenza.