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Flavio R.G. Mela

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La Settimana Santa. "U Tronu". Venerdì Santo a Barrafranca.

Il Venerdì Santo a Barrafranca è un’antica nota di ancestrale sentimento. C’è l’acclamazione di un popolo intero che accoglie la Passione del Cristo con il “frastuono” del coinvolgimento più emotivo. Un mare di gente si riversa per le strade e segue, come veri attori di un processo di “catarsi” generale di salvezza, tutti gli eventi della festività santa e sacra. Nella cittadina barrese, la mattina del Venerdì Santo c’è già odore di “movimento” e la prassi rituale entra nel vivo della vita quotidiana dei cittadini, rendendo il tutto straordinario. La statua dell’Addolorata viene fatta uscire dalla chiesa di Maria SS. della Divina Grazia. E’ accompagnata da un gruppo di bambine, chiamate “monachelle”, che vestono di raso nero, trapuntato di stelle. Ad accompagnare il gruppo femminile, v’è la presenza del più giovane degli Apostoli: San Giovanni.E’ un santone, ovvero la gigantografia del personaggio evangelico il cui viso è scolpito nel legno e verniciato mentre il corpo è costituito da una intelaiatura coperta da una stola di raso celeste. All’interno un uomo regge tutta la sovrastruttura lignea, chiamata siggitedda (piccola sedia), che ben si adatta alle spalle dello stesso portatore. Nella pantomima sacra, l’Addolorata cerca il figlio accompagnata da un gruppo di canori locali che intonano i caratteristici e tragici lamenti. Ma il cuore vibrante della festa è sicuramente la processione del Cristo Crocifisso che viene innalzato su una macchina chiamata "u tronu".A reggere direttamente il tutto è “u firrizzu” sul quale è infissa un’asta , l’elemento che regge le parti strutturali del trunu, sorretta da due poderose stanghe laterali chiamate bajardi, lungo le quali si posizioneranno i cento portatori. Prima dell’uscita dalla chiesa Madre, tutta la massiccia macchina viene accostata all’altare maggiore. In questo caso l’asta è abbassata e con ciò la spera, una raggiera di legno contornata da finestrelle di vetro da cui traspare la luce della lanterna intera, e u munnu sono perfettamente adagiati l’uno sull’altro. Sul tutto v’è il Crocifisso sul quale il Cristo è coperto d’oro e circondato da una miriade di piccole ghirlande e nastri colorati.
Mentre la funzione pre-processione ha luogo, raggiungono la chiesa sia l’Addolorata e San Giovanni che l’urna del Cristo Morto. Il phatos religioso è palpabile soprattutto quando u trunu viene issato in tutta la sua altezza tramite una serie di ingranaggi interni. Il Cristo svetta sul popolo barrese che lo osserva con fervore e commozione allo stesso tempo, esclamando all’unisono: “ A misericordia”. La processione parte e segue il tragitto che comprende le due arterie principali della cittadina e alcune vie storiche. Il tutto prende il nome di “via dei Santi”. Fatica, sofferenza, preghiere devote e lamenti strazianti si uniscono e si confondono ricreando un’atmosfera veramente alterata. Ogni tanto i portatori, stremati dal peso, si fermano e riprendono fiato per poi ricominciare quel “viaggio liberatorio e devoto”. Così come è iniziato dalla chiesa madre, così termina in essa quel viaggio che molti hanno atteso durante tutto il corso dell’anno, attori di una tradizione che, probabilmente, nasce ancor prima della cristianizzazione della Sicilia ma che pur sempre parlava di una morte ma anche di un ritorno alla vita.

Flavio Mela

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