Nei mesi scorsi, ho ascoltato un uomo. Mi sono seduto e, curioso, ho domandato. Mi sono lasciato raccontare della sua idea, che lui, generosamente, mi ha illustrato. Un dialogo che è ha avuto diversi episodi, poiché le ‘parole’ è meglio rivelarle a poco a poco, lasciando i grandi discorsi alle pantomime dei palchi in piazza. Mi sono confrontato con un avventuriero della creatività e le sue opere, che, con placida pazienza, mi hanno raccontato di sé. Un viaggio nell’arte di Vincenzo Germanà.
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‘Panta rei’, tutto scorre nel mistero di una vita che si rievoca e si rigenera nel tempo, senza mai saziarsi di riequilibrarsi in nuove forme, in nuovi spunti d’ispirazione. Ogni ‘cosa’ non si perde, né si crea e ancora non si distrugge, ma semplicemente si “trasforma”. E’ l’epoca della massificazione, del rigetto della conservazione e della dissacrante parabola del ‘gettare’. Mentre la tecnologia cavalca l’onda del successo e dell’esasperante ricerca del futuro, l’ambiente umano, nella sua più intima alcova, vive con sofferenza il morbo del decadimento, della tragica sorte dell’inquinamento dei pensieri, malcelato da una cortese, quanto arida, educazione civile.
I ricordi sono i primi ad essere giustiziati senza processo...
Installazione sulle morti bianche |
Vincenzo Germanà, artista di Piazza Armerina, innesta la sua arte in un mirabolante contrordine del passato e del presente, proiettando gli ‘oggetti’ nell’avvenire, riscoprendoli e rigenerandoli, donandogli movimento, offrendogli un’‘anima’, riscattandoli nel ricordo. Come un fedele devoto al paradigma del ‘creare’, maestro di un punto di vista che va oltre l’apparenza oggettiva, Vincenzo Germanà ricalca e modella la sagoma di un soffio artistico che, dalle ‘cose’, inusuali e rafferme, genera nuove essenze, aggiornate realtà, che vivono di una redenzione nell’ordine del presente. E così, senza mai voltarsi a ciò che è stato, con il rischio di tornare solido sale, le opere di Vincenzo Germanà si muovono e ‘camminano’ al sol tocco di una spinta che il loro creatore vuole concedergli, sorridendogli e incoraggiandoli, come un novello personaggio di Collodi. I suoi ‘burattini’, però, non pretendono di divenire umani, ma, dignitosamente, accettano il loro ruolo, esibendosi al pubblico con la pretesa legittima di vedersi gettare un’emozione di rimando, la stessa che, in un brillio di idea, come una ‘costola’ staccata dal petto della mente, li ha rievocati e plasmati.
L’artista Vincenzo Germanà crea. Le sue mani vivono del cuore e della passione, del saper ricercare nuove vesti alle ‘cose’. Le sue installazioni spaziali, veri mondi a sé stanti, sono composti di reazioni chimiche, fatte di fantasia e istinto, cura del dettaglio e ordine del complesso. Ogni parte ha un suo trascorso, vaporoso o meno, ma che, nel contesto, non ha più importanza. Una vocazione ‘spirituale’ richiama le parti a rimettersi in gioco e a collaborare per una spinta comune, che narra, a volte, di un sentimento, di una denuncia, di un ideale o, semplicemente, di una parola. Da qui le installazioni artistiche d’ambiente, come, ultima in regime cronologico, denominata ‘Migrazioni – Vite in transito”, legata concettualmente alla tematica delle esistenze in movimento.
Una raccomandazione: non è semplice!
Non si può avere la pretesa di ingabbiare in una teoria l’arte di Vincenzo Germanà. Meglio ascoltarla, rendersi partecipi, magari spingere con le proprie mani le opere dell’artista, contribuendo allo slancio vitale dell’idea originaria ed originale.
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